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FUORI CONTROLLO
L'idea era sempre quella di programmare, di pianificare, di stilare un elenco di obiettivi da raggiungere.
La gente, vista da fuori, sembrava sapere dove stesse andando; verso cosa si stesse dirigendo.
Mi sembravano tutti sicuri delle proprie scelte, dei loro percorsi, convinti di che cosa fosse meglio per loro.
Il lavoro, la carriera, la casa, i passatempi, le passioni.
Ogni persona che sfioravo nella vita mi sembrava avere chiaro il proprio percorso o perlomeno molto più di quanto non lo avessi io. Osservavo lo scorrere delle vite che incrociavo e mi pareva di coglierne sempre una certa linearità.
Nella mia testa, invece, il caos.
Un continuo rimescolarsi di idee, sogni, progetti. I mesi correvano veloci, scanditi da un ticchettio che mi ricordava costantemente il poco tempo disponibile per fare tutto, per vivere una vita degna e piena.
Nel frattempo la vita scorreva ed i personaggi che affollavano i social, famosi o meno, mi ricordavano come avrei dovuto essere felice, sereno ed appagato; mentre nella testa si accumulavano domande, frustrazioni, sogni ed ambizioni.
La vita adulta prendeva forma ed io, forte di qualche piccolo traguardo raggiunto, cercavo disperatamente di trovare un senso di controllo; una sensazione di padronanza della mia vita, del mio destino, che scacciasse il senso di inadeguatezza e la perenne ansia di essere in balia delle onde.
E quasi d'incanto, nel mezzo di questo delirio, ecco lei, arrivare e prendermi per mano.
Inizialmente mi porto con sé per brevi corse nei parchi; poi mi convinse a provare qualche "gara" in montagna. Tra una figuraccia e l'altra, in pochi mesi mi ritrovai a vagare nei boschi, cercando di mettere su km. I primi trail, qualche garetta in piano e poi via, con i risvegli all'alba per ritagliarci il tempo per noi, che sembrava non bastare mai.
Poi mi portò in bici, sulle strade delle nostre valli, fino ad odiarle. E se non bastava l'asfalto, via con la mtb. Non contenta, mi convinse a stare lunghe ore in piscina, nonostante il mio odio per l'acqua; senza rendermene conto mi ritrovai a nuotare in acque libere: mi aveva stregato, preso per mano e portato a fare cose impensabili solo qualche mese prima.
Nonostante il passare degli anni, continuava a piacermi come il primo giorno. Aggiungeva emozioni alla mia vita, tenendomi per mano senza lasciarmi mai.
Fedele compagna da quasi 10 anni, mi sprona e bacchetta ogni volta che ne ho davvero bisogno.
L'endurance: una delle migliori scoperte fatte nella mia vita.
Da scoperta è diventata scelta, compagna.
L'endurance passa velocemente da divertimento a stile di vita; diventa ben presto una personale fornitura di attrezzi e stratagemmi per affrontare la vita e le sfide di tutti i giorni.
Ti fornisce le modalità per superare ostacoli che sembrano impossibili ad un primo sguardo.
I 42 km di una maratona sembrano un numero enorme, quando fai fatica a correrne 5 la sera. I km che leggi sui volantini degli ultratrail ti fanno venire i crampi al solo pensiero; l'idea di nuotare, pedalare e correre per 5/6/10 ore di fila pare destinata a pochi prescelti che sembrano avere un dono, qualcosa di genetico, una sorta di predisposizione che tu non avrai mai.
Invece la pratica dell'endurance ti insegna che tutto si può fare, se spezzettato, diviso, ridotto a piccoli impegni quotidiani eseguiti con costanza.
Un numero, per quanto enorme, si può dividere in tante unità; allo stesso modo una maratona si può dividere in tanti piccoli impegni quotidiani, settimanali, mensili. Guardando i piccoli pezzi che compongono questo puzzle a forma di 42, non c'è nulla di così grande da farci paura. O meglio, sarà una paura nuova, sana, mista ad emozione ed a senso di "controllo".
Si tratta solo di eseguirli uno per uno, avendo fiducia nella costanza, in quanto moltiplicatore degli sforzi fatti.
E' il panico che ci frega, non la paura. Il panico nel guardare una sfida enorme, intera, davanti a noi. La paura è sana, ha dei limiti, mentre il panico è totalizzante: un anestetico della ragione. Blocca ogni istinto primordiale che ci spinge verso l'avventura: nega la natura stessa dell'uomo.
Sono convinto che praticare l'endurance modifichi i processi mentali con cui affrontiamo gli eventi che riempiono le nostre vite: anche la più grande difficoltà, per quanto enorme possa sembrare, si può ridurre a piccole, singole, azioni eseguite con costanza ed abnegazione.
Tanto più spesso lo facciamo, tanto più verrà automatico.
Il senso di controllo su quello che facciamo, sul legame certo che hanno impegno e risultato, riduce progressivamente il senso si spaesamento. La prova che le due cose hanno un legame di causa ed effetto ci fa percepire una presa più salda sulle redini della nostra vita.
Durante questo processo ci si rende conto che gli atleti ( o le persone ) che guardavamo da lontano, con occhi sognanti ed invidiosi per via delle loro imprese sportive o personali, non sono questi predestinati caduti dal cielo con qualità innate e genetica perfetta. Nella maggior parte dei casi sono persone normali, chi più dotato, chi meno, che svolgono ogni giorni delle piccole attività la cui somma è un enorme lavoro sul proprio corpo e sulla propria mente.
Certamente qualcuno, come in tutti i campi della vita, parte avvantaggiato anche nello sport per storia personale, predisposizione, genetica, famiglia. Purtroppo per noi, su questo, non possiamo lavorare.
Ma nella maggior parte dei casi si tratta solo di metodo. Per cui vale la pena concentrarsi su quello che possiamo modificare.
Una volta interiorizzata questa cosa, ci si rende conto di quanti "atleti" ( ma anche professionisti, manager, o figure che ci sembrano far parte di un'èlite) siano in realtà molto più simili a noi, siano in mezzo a noi, alle prese con le stesse nostre problematiche.
Nella nostra squadra, tra le persone che vediamo alle gare, ce ne sono migliaia che all'inizio di tutto si sentivano esattamene come noi. Ed oggi sono atleti di livello, fanno ultra come fossero gare di paese, ci hanno abituato a cose fuori dall'ordinario. Sono proprio quelli che ci sembravano "alieni".
In realtà praticamente nessuno, in qualsiasi gara, è sicuro al 100% di finirla senza fare errori; nessuno è certo di essersi preparato così bene da azzeccare il tempo previsto, da non avere problemi o intoppi. Quasi tutti, in ogni competizione, se la fanno addosso come te, come me. Tolta una insignificante percentuale, siamo tutti immersi in questo processo di evoluzione personale e sportiva, una sorta di ascesi verso un nuovo se.
Il sé plasmato dall'endurance.
Nel bel mezzo di un giorno normale ci renderemo conto di essere arrivati ad un punto in cui, all'inizio di questo processo, non avremmo nemmeno pensato di poter arrivare. E sarà come un'illuminazione.
Il nostro nuovo sé avrà compreso che grazie all'endurance possiamo ritrovare, o scoprire, un minimo di controllo: prima sul nostro corpo, poi nello sport e, se siamo fortunati, anche nelle nostre vite.
Perché non si tratta solo di sport: in fondo la vita non è forse una questione di endurance?
Allora questa nuova consapevolezza e questi nuovi strumenti si possono applicare in molte occasioni e sfide che la vita ci propone.
E (quasi) nulla ci sembrerà più impossibile.
Tutto attorno a noi continuerà comunque ad andare come deve andare; per quanto ci riguarda, nel frattempo, avremo sperimentato che qualcosina si può controllare, ridurre, spezzettare e ridefinire. In sostanza si può guardare da una prospettiva diversa ed affrontarlo con la consapevolezza che l'endurance ci ha insegnato.
Il 1 dicembre invece di pensare alle paure, alle insicurezze, alla fatica, agli allenamenti saltati, concentriamoci sul percorso fatto per arrivare fino a questa partenza.
Guardando le altre centinaia di persone accanto a noi, immerse in questo cammino di trasformazione, ci sentiremo diversi da un tempo: meno soli. Un senso di appartenenza, di gratitudine, di comunità, riempirà i nostri polmoni ed il nostro cuore. Persone comuni, diverse tra loro, che hanno scelto di trasformarsi, di prendersi per mano e di rimodellarsi; fuori ma soprattutto dentro.
E l'ansia svanirà con un respiro profondo, per lasciare posto ad un sorriso ed alla voglia di mettersi nuovamente alla prova.
Nonostante attorno a noi tutto scorra ancora, inesorabilmente, fuori controllo.
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