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LA GARA

Post di SERGIO BENZIO
Personal Trainer anche per le atlete ed atleti della Podistica Torino che vogliono avvalersi della sua consulenza; laureato in Scienze Motorie presso il SUISM (Scuola Universitaria Interfacoltà in Scienze Motorie) con 110 e lode. Opera in diversi ambiti sportivi, ed è esperto in valutazione funzionale e biomeccanica del ciclismo, istruttore federale FIDAL Atletica Leggera, Maestro di sci di fondo, preparatore atletico ed Allenatore 2° livello FISI ed istruttore di Nordic Walking.

LA GARA

Domani c'è una gara, quante volte pensiamo o ci sentiamo dire questa frase, ma cos'è la gara?

Ognuno di noi avrà una risposta, come allenatore è necessario io sappia, me lo direte. E' necessario che anche tutti voi sappiate cosa è per me, la gara. La gara per me è metafora della guerra e allo stesso tempo metafora della vita, esagerato?

Lasciatemi spiegare.

Noi, voi, chiedete a me, allenatore, di portare il vostro IO, sì perché io non preparo solo corpi ma preparo persone complete quindi mente e corpo, al massimo rendimento possibile per la gara. Investiamo, investite molte energie in questo, ore di allenamento, fatica, stress, tutto questo per la gara, questo fanno gli atleti, esagerato? Allora ditemi voi cosa fanno gli atleti, ciò che voi siete, insieme a molte altre importantissime identità, siete uomini e donne che fanno gli atleti e preparano la gara.

Perché parlo di gara al singolare, e non di gare, perché voi ne fate molte di gare, forse troppe, ma lasciatemi spiegare.

La gara è metafora della guerra perché ci sono avversari da battere, fuori e dentro di ognuno di noi ci sono avversari da battere, è una "guerra buona", esisterà mai una guerra buona?! NO. Qui, in questo contesto, nessuno muore, nessuno viene torturato, fatto schiavo, seviziato, fatto prigioniero, però in gara voglio con tutto me stessa/o battere gli avversari, deve essere così, se no perché faccio la gara, il bello della gara è avere avversari, un bersaglio di tempo da colpire, limiti da superare, è la natura della gara, ciò è fuori discussione, credo, me lo direte.

La gara deve essere leale, già perché ognuno combatte a mani nude, senza attrezzi, naturalmente
sto parlando di corsa a piedi, combattiamo in divisa, è la regola, quindi proprio come i militari abbiamo una divisa che ci distingue, una bandiera da portare, esagerato? Lasciatemi spiegare.

La bandiera, anche questo è un simbolo usato in guerra e, guarda caso, in gara, la bandiera identifica un NOI e un LORO, crea un senso di appartenenza e di solidarietà ciò è innegabile, spesso in gara se ci supera un individuo con i nostri stessi colori, non proviamo la stessa cosa di quando ci supera qualcuno che porta un'altra bandiera. Il nostro compagno/a lo/la incitiamo o prendiamo coraggio e proviamo a seguirla/o, l'altro lo subiamo con frustrazione e senso di sconfitta se non riusciamo a contrastarlo o lo attacchiamo in silenzio con aggressività, proprio come in battaglia.

Gli avversari non sono solo gli altri, l'avversario più arcigno lo abbiamo dentro di noi, c'è una parte di noi che ci vuole sempre salvaguardare dalla guerra, dice che non è il caso di fare certe fatiche, che in fondo il mondo è bello senza guerre, che "morire" in gara non è il caso, che ci sono cose più importanti dello sport e della gara, già tutto questo è vero, ma se nessuno si fosse mai messo alla prova, se nessuno avesse mai provato a superare i propri avversari e/o i propri limiti, saremmo veramente migliori o addirittura saremmo ancora a questo mondo?

Il giorno della gara non c'è nulla più importante della gara, per qualche momento della vita, devo pensare così, se no non devo fare l'atleta o meglio, l'agonista, se preferite, se il termine atleta vi spaventa o non lo ritenete appropriato.

Iniziate a capire cosa intendo quando dico che si compete troppo o meglio che si vogliono fare le gare tutte, tante, troppe, al 100%. Non è possibile, perché la gara è il momento in cui devo mettere in campo TUTTE le risorse fisiche, mentali, dell'anima. Questo costa fatica e stress e non solo all'atleta ma a tutto l'ambiente che lo circonda, perciò non posso pensare di essere sempre in guerra, non è umano questo.

ANIMA

Etimologia: Il termine anima è la versione femminile di animo, la cui etimologia è riconducibile al latino animus, con il significato di spirito, che a sua volta corrisponde al greco anemos = vento.

L'anima quindi è quel principio presente in tutti gli esseri viventi, talmente ineffabile che gli antichi non seppero indicarla se non ricorrendo all'idea del vento, la cui presenza non essendo visibile è provata dagli effetti che provoca e non dalla diretta percezione di essa.


L'anima spesso è ciò che fa la differenza, "ci ho messo l'anima" è molto di più di "ho dato tutto". Prevede la possibilità di fallire, di morire, in guerra il fallimento porta alla morte, fortunatamente in gara si muore solo in senso metaforico.
Fallire non piace a nessuno, tanto meno in gara di fronte ad avversari, pubblico amico e nemico, soprattutto di fronte a se stessi, ma il fallimento è intrinseco al fatto di avere messo in gioco tutte le carte, significa provare a "vincere" la gara, battere tutti gli avversari soprattutto quelli invisibili, i nostri limiti, o presunti tali.

Si impara molto più da fallimenti che da successi, si perde molto di più di quanto si vince, ecco perché la gara è solo metafora della guerra, in gara dal fallimento si ricava crescita, esperienza, evoluzione, in guerra dal fallimento si ricava solo morte e distruzione, ma attenzione, in guerra, anche dal successo si ricava solo morte e distruzione, anche chi vince non è esente da trauma e frustrazione, non sarebbe umano.

Make race not war!
E poi facciamo anche l'amore ma questa e un'altra cosa non c'entra con la gara e nemmeno con la guerra, è l'esatto opposto.

Per spiegare il perché la gara è anche metafora della vita, è molto adatto prendere come esempio la maratona, la gara di maratona è la prestazione atletica, nella corsa che più si avvicina al ciclo della vita.

Alla partenza siamo pieni di energia, pensiamo positivo, abbiamo tutta la forza e la potenza del giovane, poi la gara parte e iniziamo, dapprima lentamente, a morire, arrivi a metà gara (nominale) pieni di esperienza, crediamo di essere maturi e siamo certi di realizzarci non siamo più giovani ma siamo adulti ancora un po' arroganti, poi arriva il momento che la maratona, la vita, inizia a presentarti qualche conto, ti stai consumando e sei solo a metà gara (reale), qualcuno dei tuoi pari è stato costretto a mollare, volente o nolente, inizi a capire cos'è la morte, inizi a sentire il peso della corsa, della vita.

Poi succede una cosa strana, il tuo essere fisico è allo stremo, succede in tutte le gare ad un certo punto, ma in maratona questa sensazione è estrema perché legata all'impossibilità di rallentare, come nella vita, sarebbe il fallimento, la morte. Come la morte?! Mi sono preparato/a mesi per questa gara, ho costruito tanto nella vita, ed ora sto per morire? Ti assale un senso di frustrazione, sei morto/a! Ma la gara non è ancora finita, hai ancora molto da dare in questa vita, ma soffrirai, vedrai molti intorno a te che non ce l'hanno fatta, volenti o nolenti, ma vedrai anche altri che vanno a gonfie vele, che ce la possono fare, e allora devi decidere se morire anche tu, oppure provare a metterci quel qualcosa in più, l'anima, e sopravvivere a te stesso e alla vita, MIRACOLO, RISORGI! No, i miracoli non esistono, o perlomeno io non mi ritengo in grado di farne, esistono solo cose complicate a volte talmente tanto che sembrano impossibili da fare che necessitano di massimo impegno e totale dedizione.

Di colpo ti senti vivo ti senti di nuovo pieno di energie e finisci questi ultimi 5/6/7 km fiero di te stesso, realizzato del fatto che hai vissuto tutta la tua vita, poi il traguardo, già il traguardo, quella linea dopo la quale volente o nolente....muori! A volte arrivi e piangi proprio la stessa cosa di quando nasci. Forse sarà proprio quello che si sente in punto di morte? Chissà. Il bello della maratona è che questa esperienza la si può provare più volte!

Tutto ciò è vero a patto che la maratona venga approcciata e vissuta, come dovrebbe essere la vita, non subita o vissuta anonimamente in zona di comfort, che vita sarebbe una vita in cui non si prova a dare il meglio ad essere migliori ogni giorno, ogni km?!

Domani c'è una gara non è una maratona, ma è una gara, perciò sarà il caso di attrezzarsi per dare tutto, perché è una di quelle gare per le quali si deve partire con la possibilità di fallire, domani conterà mettere dietro più avversari possibile e poi,domani, si porta la bandiera sul petto!

runnerpillar.com, 15 febbraio 2019

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