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LUT - LA PAURA DI TORNARE

La risoluzione di un fastidioso infortunio si è affacciata sul periodo pandemico e sul lockdown ; un paio di anni senza gare ; costanti allenamenti indoor, rulli e caccia ai runners hanno caratterizzato il periodo passato, tralasciamo quanto già ampiamente raccontato , visto , vissuto e stufato.
La zona di comfort mi ha abbracciato, coccolato non facendomi sentire la mancanza di un pettorale.
Mi sono allenato con la mia solita dedizione e grazie alla costante e variegata supervisione del mio coach.
Diversificare è stata forse la salvezza mia e dei miei muscoli.
Quella che è rimasta un pò infortunata è la mia testa; la paura di rimettersi in gioco, la paura di confrontarsi, la paura di non essere più in grado di ottenere determinati risultati (leggasi passo, velocità, resistenza).
E' la famigerata resilienza? Quella caratteristica che per chi pratica sport di endurance è il pane quotidiano che si sviluppa "inconsciamente" e con l'esperienza ; cosi altrettanto spontaneamente svanisce?
Mi è rimasta attaccata l'iscrizione del 2020 alla Lavaredo ultra trail e i dubbi mi sovrastano fino all'ultimo sul da farsi, la testa non mi accompagna.
Tento di rompere il ghiaccio con un trail una ventina di giorni prima ma non vi scrivo cosa mi si sono rotte.
Cerco di tranquillizzare la coscienza vado ad estrarre un pò di dati e faccio statistiche dal 2018 anno per anno per i primi sei mesi.
Ore di allenamento quasi raddoppiate, esercizi di forza pure , bici non parliamone e ore di corsa quasi dimezzate; dislivello maggiore nell' ultimo anno fatto in ascensore , era meglio se lasciavo perdere.
Alla fine si parte per il long week a Cortina , stesso albergo , stessa camera , stesso trattamento.
Il giorno prima della gara riposo, passeggiate e disbrigo pratiche per il ritiro del pettorale.
I pasti sono concordati, già mi conoscono, modello Villa Ida, pasta in bianco , petti di pollo e ci manca la purea e la pera cotta!
Lo start è venerdì alle 23,20 e immancabile la pioggia mi accompagna, iniziamo male.
Poca voglia di correre, all'ingresso delle griglie di partenza ci si trova con qualche amico e s'incontra qualche vecchia conoscenza.
La prima tranche, quella dei VIP e dell' elite è partita e sale la tensione mentre scende la pioggia e contrariamente a quanto i più fanno decido di tenermi indossato l' antivento.
L'uscita da Cortina è sempre suggestiva con il pubblico urlante che ti accompagna fino all'imbocco del sentiero dove inizia la salita; parto piano, luna piena e cielo stellatissimo ma alla prima forcella un freddo pungente; vedo , ahimè , i primi ritiri di trailers tremanti infreddoliti , nemmeno 20 km percorsi e la testa converge su brutti pensieri: e se non ce la faccio, e se mi fa male il ginocchio, la caviglia e nel frattempo il freddo mi congela le mani e non riesco a prendere i guanti nello zaino , di fermarsi non se ne parla perchè fa troppo freddo, tutti si lamentano e lìunica soluzione è aumentare il passo senza forzare .
Al primo ristoro c'e' coda , contingentamento anti covid, un bicchiere di te caldo e si riparte, non riesco a buttare giù una goccia d?acqua dalle borracce gelate.
Ma la notte dovrà pur passare , formicolano le dita della mano anche con i guanti; le gambe girano bene e la testa che continua a non aiutarmi.
Sorpresa all'uscita della seconda base vita un amico che mi è venuto a salutare mi fa tornare alla realtà, mi faccio aggiornare sulla posizione e sul passo e sulle premature previsioni dei prossimi passaggi.
Mi devo dare una calmata perchè ritmo troppo alto sono nella tranche davanti a me e significa che ho recuperato 20 min abbondanti.
Il sole sorge da una parte e la luna sparisce dall'altra e il panorama merita una foto, ho voglia di caffè ne sento l'aroma ed è un pò presto per avere le allucinazioni.
Solito pensiero al ginocchio la temperatura si fa più mite e sono sotto le tre cime dI Lavaredo illuminate di rosso dal sole c'è ancora molta neve ; si va verso la metà della gara, la tensione cala ma anche la sonnolenza e passa anche quella con il discesone che porterà alla base vita dove c'è la sacca che mi aspetta.
Decido di fermarmi , darmi una cambiata e mangiare del riso con parmigiano e alla gentile volontaria è scappata la mano con l'olio e spero non fluidifichi troppo.
Niente da fare la testa converge sempre su aspetti negativi e continuo a pensare quanti km devo ancora percorrere e non quanti ne ho percorsi.
Un paio di telefonate di prima mattina ad ely mi confortano su quanti amici mi seguono e su come sto procedendo; i miei runnerpillars mi seguono , in chat c'e una telecronaca e un gran tifo.
Si perde tempo alle basi vita, si fanno code per prendere il cibo e le bevande e si entra e esce dal capannone più volte; nelle mani i bastoni , il bicchiere e il piatto il tutto da consumarsi sul prato ma non mi siedo per la paura di non rialzarmi.
Prime fitte alle ginocchia ma sono confortato dai numeri di pettorali attorno a me che sono più bassi del mio, indice che il ritmo è decente.
So cosa mi aspetta e sul quaderno delle mie memorie mi ero appuntato il tratto tra il 70 esimo e il 95 esimo il più duro e cosi è stato.
Pancia piena e caldo di mezzogiorno per affrontare un millino non è il massimo e poi la valle maledetta Travenantes.
Quest'anno nevai da attraversare dappertutto , cascate e acqua , tanta acqua e il fiume , torrente che sia, che gira e rigira su stesso con cinque o sei attraversamenti con acqua fino al polpaccio con il risultato piedi bagnati sempre e il caldo di sicuro non si patisce.
Due chiacchiere col fotografo che divertito immortala le acrobazie per evitare di andare in acqua fino alla cintola e si risale e il centesimo chilometro si avvicina.
La testa l'ho fregata con i soliti giochini : quanti passi saranno da qui a là , allo scoccare di ogni ora devo aver bevuto entrambe le borracce, un boccone di bresaola e si scacciano i pensieri negativi.
Mi fa male l'altro ginocchio , possibile? Solo testa e non fa più male , maledetta valle tremendamente bella, desolata e lunare mette a dura prova la resilienza.
Benedico una volontaria della malga che mi viene incontro con un bicchiere di acqua e succo di mirtillo e mi taglia e sporge una mela ma dallo sforzo ho la nausea e chiedo quella che per me è una medicina, un idraulico liquido gassoso e mi sporge sottobanco la miscela preziosa.
Ancora quattro o cinque saliscendi prima di arrivare all'ultima discesa, non capisco più nulla sono sudato e ho caldo, c'è il vento e ho i brividi di freddo.
Qualche ora senza ristori, senza riferimenti e ragazzotti pettoralati che mi sorpassano allegramente; desolazione :
possibile che sono così bollito che mi sorpassano? Mi riprendo dal torpore e capisco che sono dell'altra gara quella più corta che parte al mattino, e potevo accorgemene prima dal colore del braccialetto e del pettorale invece che deprimermi.
Spingo sui bastoni per affrontare le ultime salite e il passo si fa più lento e solo la gamba destra riesce a far forza .
Ultima chiamata a Ely e ultimi 12 km di discesa , sono piantato fermo che guardo in lontananza Cortina illuminata e dietro dei flash che illuminano cielo e nuvole.
Sto piangendo piantato come un tassello per terra e mi devo muovere , giusto il tempo di imboccare la boscaglia e la discesa e si scatena un temporale con grandine
Sarà la paura, sarà la voglia di arrivare e aumento il ritmo, gli scivoloni non si contano.
A metà discesa incontro un quad con i volontari che stanno raccattando i ritirati e stanno andando a sospendere la gara.
Mi chiedono se va tutto bene , di non preoccuparmi che il temporale si sta spostando verso l'alto ; finisce lo sterrato , le prime case fuori Cortina ancora un paio di chilometri prima di entrare nel centro con la gente che applaude e Ely urlante che mi aspetta.
Finisher!
Non ricordo più nulla , solo che Ely mi sorregge fino in camera entro in bagno e...mi addormento.

runnerpillar.com, 10 luglio 2021

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