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Non è una notte insonne a determinare il crollo psicologico di un runner che sta preparando da mesi una sfida da 71km e 4900m di dislivello. Tantomeno il sordo dolorino alla caviglia che lo accompagna negli allenamenti da tempo.
No, quando corri quasi tutti i giorni macinando km e dislivello, e le gambe di colpo di fermano cominciando a camminare, non pesanti, ma svuotate da qualunque energia, vuol dire che qualcosa si è rotto.
La corsa è equilibrio tra mente e corpo... a ognuno il suo.
Se in una neve primaverile vedi solo fango e fastidio, lo zaino da Trail si trasforma in una gabbia opprimente che ti toglie il fiato e l'acqua scossa all'interno di una borraccia, diventa un assordante fragore di fiume in piena, devi fermarti.
Il giocattolo è rotto e non si può più aggiustare.
La corsa è equilibrio tra mente e corpo, la corsa non è solo volontà e spirito di sacrificio, ma è anche inerzia e ritmo.
Avrei potuto intitolare il post: " l'arte del saper dire basta" o " quella del saper fermarsi" ; ma non è così, non bisogna mentire a se stessi, la corsa ci insegna anche questo, ci ricorda i nostri limiti.
Il correre in montagna non è cosa mia, io amo correre e abbondanarmi ad un passo ripetitivo, un ritmo ipnotico che mi porta lontano, ogni volta in un luogo diverso.
I miei 80 kg non sono quelli di un giovane cervo e in montagna trasformano ogni passo in un'agonia. I panorami dei miei amati monti diventano il set di un film horror durante le sedute di Trail running.
Allora bisogna saper ritrovare la gioia di correre e io so dove cercarla, nel nero bitume!
Lì io trovo il mio equilibrio, o forse perdendolo per un istante, rotolo felice.
42 km di asfalto saranno la mia medicina, in mezzo a boschi e rocce una palla rimbalza goffamente, su una strada scivola leggera.
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