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La mia Enego - parte 2

Dopo 4km di salite e storte in realtà mi sento bene, rido quasi in maniera sprezzante del cartello che indica il percorso corto da 6km e mi lancio con energie arrivanti da chissà dove verso quello lungo. Non riesco veramente a pensare a cosa sto facendo, ma mi sembra che il mondo oggi sia meraviglioso, che in realtà siano tutti qui a correre, ognuno lanciato verso il suo traguardo. Sorrido alle mucche che ogni tanto incontro per strada; le caprette mi fanno ciao. È il bellissimo mistero della corsa. E allora i miei pensieri vagano tra un "cavolo però, come si sta bene, perché non vado a correre più spesso?" a "mannaggia che fatica però, alla prossima curva rallento e cammino un attimo", solo che quella curva non sembra voler mai arrivare.
Dopo qualche chilometro il percorso si congiunge a quello della mezza maratona. Mi ritrovo nel gruppo dei primi 100-200 e mi sento un po' come una Minardi, che fa quello che può ma viene doppiata da tutti. Allora mi dico "dai, proviamo ad accelerare, teniamo un po' il passo!" ma non è un'ottima idea, col senno di poi. "Facciamo che invece tengo il mio passo, allora!"
Ad un bivio nel percorso c'è un'auto degli organizzatori che suona a tutto volume gli AC/DC. Ci devono dare la giusta carica per una salita che inizia lì, e che gli abitanti del luogo, di cui mi fido, dicono essere di soli 500 metri. Solo che poi diventano 1km, 2km e infine 3km. Inizio a non credere più a chi da bordo strada ci urla "dai su, che è quasi finita!", ma apprezzo sorridendo il tentativo di confortarci. Allo stesso momento inizio ad avere un accenno, sempre meno lieve, di crampi, che mi ricorda come allenarsi sarebbe in realtà propedeutico ad affrontare le gare, e inizio a camminare lungo il sentiero, volendo tenermi per la fine. Di lì a poco sopraggiunge Simone, mi incita e ho giusto il tempo di dargli una pacca sulla spalla prima che si perda in quel gruppo là davanti di coraggiosi esploratori che andranno a vedere se alla fine di questa salita si trova l'Eldorado o solo un'altra salita ancora peggiore, come in quella puntata dei Simpson. Così li vedevo, i miei compagni di viaggio: la realtà è che quando corri perdi la rappresentazione materiale della realtà; tutto si compone di immagini e suoni, ideali e sogni, istinto e cuore.
E finalmente, a poco più di 1km dalla fine, inizia la discesa, e due tornanti più giù vediamo il traguardo. A quel punto improvvisamente si annulla tutto, non c'è più fatica né sofferenza, scarpe inadatte o caviglie doloranti. Solo grande soddisfazione. Beh, grande soddisfazione e crampi - perché quelli rimangono comunque. Verso l'arrivo la gente ti incita ancora di più, ognuno a modo suo. I bambini ti danno il cinque; gli anziani ti osservano con rispetto; le mucche masticano sornione, che forse è il loro modo di incitarti. "Nordic Walking? Da questa parte! Bravo!" mi dice un organizzatore a 50 metri dal traguardo dandomi una pacca sulla spalla, forse compiaciuto del fatto che io non abbia seguito le regole che prevedevano camminata e bastoncini. Arrivo, fermo il cronometro, e osservo tutto ciò che mi circonda: tutti sono contenti per sé stessi e per gli altri, tutti se la ridono perché anche questa è andata, molti stanno già pensando alla prossima. Mi godo quel momento di beatitudine, quel fugace senso di invulnerabilità e perfezione. Il tempo di provare l'esperienza di un camion doccia e un veloce pasta party con i miei compagni di avventura e si parte verso casa, ognuno coi suoi racconti da condividere, ognuno con qualcosa in più nel cuore, ridendo nonostante la stanchezza in più, il caldo opprimente ed odori, per quanto incredibile (ma non per chi ci conosca), ancora più insistenti rispetto all'andata.
Termino ricordandomi che qualcuno un giorno disse che, partendo, il bello non sta tanto nell'arrivare alla meta, quanto nel viaggio. In realtà il bello è la somma delle due cose. Nel viaggiare mi pregusto l'arrivo e in realtà non vorrei arrivare mai, tanto mi piace questa sensazione; ma se non mi piacesse arrivare forse non partirei nemmeno. Immagino che la corsa sia una metafora del viaggio, un viaggio dove però ci si mette totalmente in gioco, con la mente e col cuore. E quante volte ci capita nella vita? E allora, per concludere: io non sono, e forse non sarò mai, l'endorser più credibile della corsa, ma, se ancora non avete provato, se ancora avete dubbi, non pensateci su troppo. Mettetevi un paio di scarpe, andate là fuori e correte. Contro tutto e tutti, anche contro voi stessi.
Non sapete cosa vi state perdendo.

Fabio Tatti, 20 luglio 2017

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Grande Fabio, grande team! Devo dire che forse non sarai un top runner ma sei un top writer!
gianmarco bardini, 21 luglio 2017

Da brividi... E ora preparati per la Mezza Maratona di Ottobre. Ti voglio bene Fabio!
Luca Utzeri, 20 luglio 2017

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